martedì 16 giugno 2020

Relazioni… e vita!

20/02/2020


“L’incontro tra due personalità è come il contatto di due sostanze chimiche; se c’è una reazione, entrambi si trasformano” … che intuizione profonda ha percepito Carl Gustav Jung… in poche parole la magia del rapporto umano!

In queste settimane, durante le mie giornate al San Pedro, diverse persone, così, per caso, mi si sono avvicinate e chiedendomi di parlare con loro, e mi hanno raccontato le loro esperienze di vita… detenuti che per un qualche recondito motivo, vedendomi in azione in carcere, con le mie gaffes, le mie risate e anche le mie sincere incazzature e le mie sparate al vento, si sono animati a condividere le loro emozioni e i loro vissuti con una perfetta (o quasi) sconosciuta… l’intimità delle emozioni, espresse e condivise in brevi momenti ritagliati in mezzo al caos del carcere, ma con lo spazio riservato dello sguardo degli occhi negli occhi… che cosa magica!

Sabato scorso Ruben, argentino, dopo il dibattito del cineforum, con le lacrime agli occhi mi ha raccontato di come il suo matrimonio si sia spento con l’uscita di casa di sua figlia… e ha voluto condividere con me il suo sentimento di perdita e frustrazione, raccontandomi tristi dettagli di come una relazione che sembrava perfetta nella sua “normalità”, nel suo giorno dopo giorno routinario e “sicuro”, di come si sia consumata ed “esaurita”… forse perché era terminata la sua funzione, e il suo obiettivo si è compiuto, lasciando entrambi senza più un motivo per cui stare insieme. Mi ha commosso la sua grande sincerità e l’apertura con cui mi ha raccontato la sua storia…

Dall’inizio di gennaio vado in carcere la domenica, accompagnando il gruppo del coro della messa, con le canzoni… dopo la messa, è diventato un rituale che mi fermo nel nostro centro educativo e con loro pranziamo insieme. Ogni domenica qualcuno prepara da mangiare, preparando piatti boliviani o latini, e ovviamente anche a me tocca a volte preparare piatti italiani: la carbonara e la pasta alla amatriciana sono stati un successo! È un momento bellissimo di condivisione, ascoltiamo musica e parliamo un po’ di tutto: di politica, emozioni, della vita in carcere, dei nostri ideali, di come ci piacerebbe il mondo, delle nostre vite… Durante questi pranzi chiacchierando un po’ di tutto, un giorno Cesar, il più “furbetto” e vispo, ad un certo punto, ha cominciato a raccontare del come è finito in carcere per una calunnia, e nel raccontare, ad un certo punto con il nodo alla gola, ha cominciato a piangere e ha aperto il rubinetto delle emozioni, piangendo a dirotto, singhiozzando, e confessando tutto il suo dolore e la sua frustrazione per essere finito dove mai avrebbe pensato di arrivare… il gruppo di ragazzi è rimasto in silenzio ad ascoltare e poi, a turno sono andati tutti a dargli un abbraccio e a dargli parole di conforto… è stato un momento molto intenso… Cesar si è asciugato le lacrime col braccio e guardandomi mi ha detto “Grazie Barbara, per stare con noi… per noi è molto importante sentire la vicinanza di qualcuno che passa del tempo con noi…” gli ho accarezzato la testa piangendo e sorridendo…un senso di amore profondo mi ha rapita mentre gli dicevo “Grazie a voi che mi riempite il cuore con la vostra presenza!”

Quando ho un po’ di tempo vado a trovare Luis, un ragazzo di 35 anni che ha passato praticamente tutta la sua vita tra riformatori e carceri di mezza America Latina, tra rapine, sparatorie, affari loschi di tutti i tipi… Luis suona bene la chitarra e quindi cogliamo sempre l’occasione per strimpellare qualche pezzo vecchio o nuovo, perché mi piace tanto cantare e per lui è un momento di astrazione totale dall’essere in carcere… ra un mate di coca o un caffè, facciamo tante chiacchiere e tante risate: Luis ha un forte senso dell’ironia e a volte anche del più acido sarcasmo, ha una bella testa, un’intelligenza molto vivace. L’altro giorno però, quando sono arrivata nella sua cella, stranamente non ha tirato fuori la chitarra… si è messo a parlare a ruota della sua vita…ha cominciato a raccontarmi della sua infanzia, della madre che lo ha abbandonato quando aveva appena 4 anni, e del padre militare, molto autoritario ed esigente con lui, del suo senso di smarrimento e di rabbia che non ha mai saputo leggere fino in fondo…Luis parla, come a fare un bilancio della sua vita a ruota libera, senza mettere limiti ai pensieri che fanno a botte tra loro per passare avanti ed arrivare a prendere la parola… la scuola, il collegio, gli amici, i primi viaggi, le compagnie che poi lo hanno portato a delinquere e la sua profonda solitudine affettiva, tamponata per lo più con le mille e una donne che riusciva ad irretire con il suo fascino da “bello e dannato”, lasciando poi al silenzio e al vuoto delle sue improvvise sparizioni, la spiegazione della sua incapacità di relazionarsi….quasi una seriale, silenziosa e dolorosa vendetta verso quell’unica donna che aveva amato e dalla quale avrebbe voluto essere amato… sua madre. Io lo ascolto in silenzio, lo guardo negli occhi mentre mi racconta senza veli e con grande emozione particolari scabrosi di esperienze dure, come l’aver ucciso delle persone o il tenere fra le braccia compagni di vita criminale mentre pronunciano le ultime parole prima di morire con le lacrime agli occhi… Ad un certo punto si ferma, mi guarda e per un momento smette di parlare con una faccia un po’ sorpresa si mette le mani sulla testa, fra i capelli “Non so perché sto raccontando a te tutte queste cose. Non parlo mai con nessuno. Non parlo mai di me. Non mi piace! È una vita che vivo in carcere e mi faccio i cazzi miei, so come si sopravvive in carcere… Però se mi è venuto di parlarti forse c’è un motivo… ti chiedo scusa!” Cerco di raccogliere le ultime briciole di equilibrio e razionalità con l’emozione che mi arriva in gola e gli dico: “Luis, hai detto proprio quello che penso anch’io: se mi hai raccontato di getto la tua vita, c’è sicuramente un motivo… sento gratitudine verso di te, per avermi confidato tanto di te, della tua vita, del tuo cuore… per me tutto questo è un tesoro… le tue confidenze sono un tesoro… credo che se finalmente riesci a parlare di quello che per tanto tempo è rimasto chiuso nel tuo cuore, è perché senti che ti puoi fidare. Ed è un momento molto importante, perché se senti che ti puoi fidare di me, piano piano il senso di fiducia può allargarsi anche a qualcun altro… soprattutto chissà, puoi cominciare a piccoli passi, ad avere fiducia di te stesso, il te stesso che è ancora fermo a prima della prima rapina a mano armata, e che è rimasto li’ ad aspettare di essere preso per mano e cominciare a vivere la sua vera vita!” Ci siamo guardati, tutti e due con le lacrime agli occhi, e sorridendo senza parole Luis ha preso la chitarra e ha cominciato a suonare e io, con le lacrime che mi scendevano libere sulla faccia, a cantare “Quien fuera” di Silvio Rodriguez… il più bel ringraziamento reciproco per aver sciolto il silenzio, per aver abbattuto il muro dell’isolamento, del pregiudizio, della paura di relazionarsi…

In questi giorni non sono andata in carcere perché ho una brutta tendinite al piede e dunque mi sono dedicata all’arido lavoro burocratico inchiodata al computer, con la nostalgia del San Pedro…una delle nostre educatrici oggi mi ha chiamato dicendomi che diversi detenuti le hanno chiesto di me, di come stavo, di quando sarei andata in carcere e di mandarmi i loro saluti e auguri di pronta guarigione…

“L’incontro tra due personalità è come il contatto di due sostanze chimiche; se c’è una reazione, entrambi si trasformano”: quanto è vero! Questi ragazzi hanno trasformato la mia vita per sempre…rimpiendola di emozioni e di amore… facendomi esperire momenti di intensa gioia… credo di essere molto fortunata!

Vi abbraccio tutti… e col cuore vi mando tutta la sensazione di appagamento interiore e di gioia che provo…

Que viva la vida, y que vivan las relaciones humanas que pintan esta vida de infinitos colores!

La vostra Barbara

Come su un treno

18/01/2020

C’era il mio fidanzato storico che spesso, di fronte alla mia iperattiva smania di fare, e la mia inevitabile frustrazione per non riuscire a portare a termine le “37.489” cose che mi ero messa in testa di fare in zero attimi, mi diceva: “C’è un tempo per tutto!”. Io lo prendevo in giro, perché in cuor mio sapevo (e anche lui!) che me lo diceva più per giustificare sé stesso, il suo invidiabile piacere nell’assaporare la routine e la sua beata soddisfazione in una quasi immobile contemplazione del tempo che passa, della vita che prende forma e spessore senza bisogno di inutili, quanto dispendiosi, affanni e isterismi… si sa, gli opposti si attraggono…beh, almeno per un po’!

E a distanza di 20 anni, posso dire che forse, la sua maniera di vedere le cose non era poi così sbagliata… è una questione di carattere il come prendi le cose, ma oggi posso dire, per quel che mi riguarda, che è proprio vero che “c’è un tempo per tutto”…

In questi giorni sto pensando al tempo, e a noi stessi attraverso il tempo… Il tempo che passa è come un treno con destinazione “X”, molto lontana… Noi siamo i passeggeri, seduti al finestrino e vediamo i paesaggi cambiare e trasformarsi, abbassarsi o alzarsi temperature, svilupparsi evoluzioni di tonalità e sfumature di colori mentre giocano a rincorressi tra albe e tramonti… e poi, soprattutto, incontriamo tanti compagni di viaggio che arrivano nello scompartimento, tanto diversi tra loro… chi per brevi tragitti, chi per lunghi percorsi, chi addirittura ci accompagna per tutto il viaggio… belli, brutti, simpatici, antipatici, interessanti, rumorosi, invadenti, empatici, misteriosi, solidali, chiacchieroni, silenziosi, anonimi, affascinanti, improvvisamente e per sempre amici, improvvisamente e per sempre nemici… tutti straordinariamente importanti, perché inconsapevolmente, come chiavi magiche, aprono le porte a lati di noi stessi che silenziosi e addormentati, non si esprimerebbero e non ci farebbero conoscere la loro natura, il loro spessore, i loro limiti e le loro potenzialità…

Il tempo come un viaggio… breve o lungo che sia, grazie ai paesaggi che si dispiegano davanti ai nostri occhi e alle persone che incontriamo, è comunque costellato da evoluzioni emotive e da improvvise e inattese profonde intuizioni, da fortuiti momenti di profonda coscienza della realtà… c’è un tempo per tutto: un tempo per ridere, un tempo per piangere, un tempo per l’estroversione totale, un tempo per stare soli, un tempo per il lavoro duro, un tempo per il riposo, un tempo per sprizzare di energia, un tempo per dormire, un tempo per il gioco, un tempo per l’amore, un tempo per la tenerezza, un tempo per la rabbia, un tempo per la gioia, un tempo per il dolore, un tempo per la follia, un tempo per la saggezza e un tempo per capire che tutto, ma proprio tutto, e tutto insieme, è parte di noi….e soprattutto un tempo per accettare che dentro di noi c’è un grande bisogno di voler bene a tutti questi “tempi” così diversi tra loro, perché tutti sono espressione della nostra straordinaria complessità…

L’altro giorno Alan mi ha telefonato dal carcere “Barbarita!!! Ti do una notizia bellissima!!! La prossima settimana uscirò dal carcere, e quando esco voglio venire a Caranavi, al vostro progetto, per lavorare un po’ di tempo con voi al terreno! Volevo dirlo a te per prima…non lo sanno ancora i miei…ma volevo condividere con te questo momento, perché so che puoi capire la mia emozione”….sì, c’è un tempo per tutto, e il tempo più straordinariamente bello è quello della condivisione….

Vi abbraccio tutti…in qualunque momento del viaggio voi siate!

La vostra Barbara

PS: Buon anno, buon viaggio, buon incontro con i vostri “tempi” e la vostra interiorità!

Buenas vibras

02/03/2019

La pioggia è forte e il cielo è grigio in questo sabato paceño… nelle ultime settimane tanta gente distrutta dal maltempo…interi paesi spazzati via dalla furia della pioggia, dei fiumi in piena, di montagne irrequiete, turbolente, insofferenti… la strada per Caranavi, la famosa “carretera de la muerte” ha purtroppo reso onore al suo nome, seppellendo circa 20 persone, disperdendone altrettante e facendo un centinaio di feriti nel giro di tre tremende frane che hanno sfogato la loro rabbia assassina qualche giorno fa’. La strada è rimasta chiusa al traffico per 8 giorni, senza possibilità di percorsi alternativi per tornare a La Paz… proprio in quei giorni ero a Caranavi al nostro terreno con un gruppo di volontari a lavorare e siamo rimasti bloccati non solo per l’impossibilità di tornare a La Paz, ma anche perché nel nostro sentiero privato per arrivare al terreno c’è stata una frana considerevole, tanto che abbiamo dovuto chiamare un trattore per liberare il tragitto!!! Grazie a Dio non è successo nulla a nessuno di noi, a parte una lieve ansia per il fatto che in paese non c’era più benzina e i viveri cominciavano a scarseggiare…ma non ci siamo fatti tanti problemi visto che al terreno siamo pieni di banani, mandarini, papaya e avocado!!!!

Come sempre entrare al carcere San Pedro è una emozione grande… una massa di gente accalcata sul cancello di ingresso con gli occhi che cercano di scoprire cosa succede fuori, sulla strada, e che cercano visi di parenti in visita o di avvocati che il più delle volte non ci sono… il numero dei detenuti, anziché diminuire è cresciuto ulteriormente. Sono quasi 3000 ad oggi… un brulichio di anime in pena, chi seduto alla bene meglio su gradini, scale, chi appoggiato ai muri… gruppetti disordinati e vocianti di ragazzi seduti per terra che giocano tra loro ridendo ad alta voce, un paio di persone che si sfidano guardandosi muso a muso, litigando per chissà che cosa… e noto tristemente l’aumento di giovani, tra i 21 e i 25 anni… Tanti abbracci e sorrisi mi riempiono l’anima di una umanità e una tenerezza sconfinata “Barbaritaaaaa!! Dove sei finita!!??” “Ragazziiiii!!! La Barbara è tornata!!” “BON-GIORNO-PROFESORA!” “Dai dai dai daiiiii!!! Allora!!!!” “Come stai Barbara? Dove sei stata tanto tempo?!” “Barbarita linda!! Da quanto tempo non ti vedo!?” “Barbarita, ti porto lo zainetto, ti aiuto?” …ogni persona mi saluta a modo suo e mi da il suo benvenuto, nello strano e aggrovigliato microcosmo “sanpedrino”…e mi sento come a casa, abbracciata dai miei fratelli e …dalle immancabili pulci che mi hanno subito fatto sentire la loro vivace e ballerina presenza!!!

In un angoletto buio riconosco Jose, che mi guarda sorridendo timidamente, quasi con vergogna… sarebbe dovuto già essere fuori da un paio di mesi… Gli chiedo cosa era successo, come mai fosse ancora li’, in carcere. Abbassa lo sguardo e mi dice che non era riuscito a portare avanti le pratiche burocratiche della scarcerazione, perché l’avvocato era sparito così come la famiglia e lui non ha un soldo……capisco che per Jose, uscire dal carcere è un salto nel buio, ha paura di non farcela, ha paura del mondo e di quello che lo aspetta: tanti anni al San Pedro senza mai una visita, abbandonato dalla famiglia lo hanno cambiato e gli hanno tolto la fiducia in se stesso e nella vita. Lo abbraccio e lo guardo dritto negli occhi “Adesso ci mettiamo sotto con le pratiche, Jose! Dai andiamo!” “Ok, domani!” “No no no….ADESSO! Dai, andiamo all’area legale e chiediamo cosa dobbiamo fare!”. Lo prendo sotto braccio e cominciamo a chiedere i formulari e le scartoffie necessarie. Giriamo per gli uffici e sento tutta la sua paura e il suo freno che vorrebbe farlo inchiodare. Mentre aspettiamo in fila all’area medica, mi dice “Barbara, non perdere tempo con me, hai tante cose da fare!” “Non sto perdendo tempo….tu ne hai già perso tanto, di tempo e di vita in libertà, e voglio aiutarti a recuperarlo!” . Gli propongo di venire un periodo a Caranavi una volta uscito, per riprendersi, lavorare la terra e per riflettere con calma sul da farsi, e Jose mi dice di sì, con le lacrime agli occhi…

Mi chiedo quanti José sono imprigionati nella loro stessa paura di non riuscire a ricostruirsi una vita e rimangono in carcere, dimenticati dal sistema e dal mondo, in un limbo spazio-temporale, in una pseudo anafettività solitaria che cela un disperato bisogno di relazione e di aiuto! dentro come fuori dal carcere, le prigioni possono essere di tanti tipi… e a volte basta veramente poco per far scaturire la scintilla della speranza, per accendere un sorriso e una “buena vibra” in chi da tempo non la sentiva!

Ieri pomeriggio uscendo dal carcere, tenendo in bilico fra le braccia cartelline piene di scartoffie e documenti da controllare, mi son sentita gli occhi addosso…alzo lo sguardo sopra le cartelline e dall’altra parte della strada incontro il sorriso di una donna, la moglie di un detenuto che da tre anni è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza, e le cui figlie hanno frequentato per anni il nostro centro educativo…attraverso la strada nel traffico, emozionata (rischiando un paio di incidenti  sempre per la mia fantozzianaggine), e Alma mi viene incontro con gli occhi traboccanti di gioia “Hermana Barbara, che bello vederti!!!” “Alma querida!!!” , mi racconta di come sta, di come sta vivendo, delle difficoltà nel crescere le bambine lontana dal marito…sono stata li’ad ascoltarla, guardandola negli occhi, accogliendo il suo dolore, il suo bisogno di contenimento… mentre saluto le bambine e me le coccolo un po’ , Alma fa una telefonata e mi passa il cellulare e una voce dall’altra parte mi saluta “Hermana Barbara!!! Que gusto escucharte!!!” “Juanitooooo!!! Che piacere!!! Ti stai comportando bene??? Guarda che ti controllo!!! Ahahaha” una risata di cuore mi arriva anche da lui…Alma ha chiamato suo marito che vede solo una volta al mese perché lo salutassi, perché scambiassimo due parole…io non ho veramente parole per esprimere l’emozione che mi ha pervaso…

Le ho detto dell’intenzione di organizzare una gita ad aprile con tutte le mamme e i bambini che frequentavano il centro. Le si sono inondati gli occhi di lacrime, mentre le bambine saltavano felici di gioia e tutte e tre mi hanno abbracciato senza lasciarmi respiro. A quel punto le lacrime hanno raggiunto anche i miei occhi…

Sì, basta veramente poco per generare “buena vibra”…e incontrare un sorriso sincero e spontaneo non ha prezzo !

Mi sento molto fortunata, sfacciatamente fortunata… e tutta questa fortuna sento il bisogno di condividerla con chi ne ha meno o non ne ha affatto…

Grazie Vita, grazie Amici e Fratelli, grazie San Pedro, per ricordarmi ogni giorno il valore di un sorriso, di un abbraccio, la bellezza di ogni momento di gioia e di dolore condiviso con i nostri fratelli!

Vi abbraccio tutti, uno per uno, con un sorriso e tanta gioia nel cuore!

La vostra Barbara

Buona Pasqua!

30/03/2018

La settimana scorsa  i detenuti del coro della chiesetta del carcere San Pedro mi hanno invitata a cantare alla messa della domenica delle palme. Nelle ultime tre settimane il lavoro e gli impegni sono stati veramente tanti e la stanchezza era tanta…ogni singolo muscolo del mio corpo e ogni singolo neurone reclamava RIPOSO… ma gli occhi supplichevoli dei ragazzi mi hanno convinta e così il sabato ci siamo incontrati per fare le prove delle canzoni ed insieme abbiamo scelto la “play list” e provato tutta la scaletta… circa una decina di detenuti di tutte le età, tanti sguardi diversi, tante storie dietro a quei volti… come sempre l’aver vinto la stanchezza e il donare del tempo a qualcuno che reclama compagnia e presenza umana, mi ha ripagato con tanta gioia interiore…
Il giorno seguente i ragazzi erano quasi sorpresi di vedermi arrivare presto… pensavano che siccome ero tanto stanca, alla fine non sarei andata.  Entro nella cappella del carcere e i ragazzi appena mi vedono mi accolgono con dei sorrisi che rimarranno stampati nella mia mente e nel mio cuore per sempre…che teneri!! Che bellezza i loro abbracci e le strette di mano…
Cantare in mezzo ad un centinaio e più di detenuti è una sensazione forte, di grande impatto emotivo…sentire che queste persone, delinquenti recidivi, disastri umani che per il resto del mondo non meritano nulla se non marcire dentro a questa galera, si concentrano con una attenzione incredibile sulle parole dei salmi, che partecipano leggendo le letture con sentimento, mi porta nuovamente a riflettere sull’assurdità della discriminazione e del pregiudizio…
Il vangelo della passione di Cristo mi commuove, e la mia mente viaggia a salutare le tante persone torturate, perseguitate, uccise per aver coraggiosamente difeso  i diritti umani, per aver lottato contro le ingiustizie… “Eloi, Eloi, lema sabactàni?? Dios mio, Dios Mio porqué me has abandonado??”… una lacrima scende e timidamente il chitarrista seduto al mio fianco mi passa un pezzo di carta igienica per asciugarmi gli occhi, con un sorriso tenero… con la coda dell’occhio vedo un detenuto in seconda fila che piange, mi guarda e mi sorride con le lacrime agli occhi… la commozione  è forte… sento tanta vicinanza con questi uomini così disastrati, così abbandonati, così in fondo alla fila “degli aventi diritto a qualunque cosa”, che tutto ad un tratto la commozione si trasforma in profonda gioia per poter condividere con loro gran parte della mia vita e poter intuire il “rovescio della medaglia”, condividere con gli ultimi i loro sentimenti , le loro  emozioni, le loro storie di vita…e rendermi conto della mia grande fortuna…
La canzone che abbiamo scelto per concludere la messa è “Todo Cambia… Cambia lo superficial, cambia tambien lo profundo, cambia el modo de pensar, cambia todo en este mundo… y asì como todo cambia, que yo cambie no es extraño” … Canto … e mentre scandisco le parole, le sento in tutta la loro forza e verità… tutto cambia, tutto si trasforma, tutto cresce, lascia un segno e getta semi che cresceranno a loro volta…
Uscendo dal carcere tanti abbracci e tanti sorrisi, tanto scambio umano e tanta energia positiva che mi è arrivata come uno “tsunami d’amore”, guarda un po’, da chi meno ha e meno riceve.
Buona Pasqua anche a voi!
Un abbraccio grande
Barbara

Abbracci

24/02/2018


Le giornate passano veloci… forse è l’età, l’energia diversa dei 50 anni? Non so, ma è come se non potessi lasciare sfuggire nemmeno un secondo di tutto quello che la vita mi regala, e lo scrivere mi sembra quasi un  “perdere” tempo… I giorni sono più densi, più carichi di emozioni e a volte sento il bisogno di far sedimentare i vissuti, rielaborarli… che strano….però anche …che bello!  È un momento di introversione quasi “egoista” che pervade le mie giornate… Credo sia un momento di cambiamento e di rinnovazione del mio spirito che reclami solitudine e meditazione solitaria. Mi piacerebbe dar voce e risonanza alle mie riflessioni, ma a volte sono così intime che sento quasi paura di condividerle… sarà l’età?
L’età che mi da un altro sentire alle cose…a volte mi sento tanto stanca… ma la stanchezza lascia il passo alla soddisfazione di sentire che sto facendo qualcosa di utile e di importante per tante persone, seppur nella semplicità e nella piccolezza del mio essere.
La  settimana scorsa ho cominciato il corso di italiano con i detenuti del San Pedro e devo dire che la partecipazione e l’attenzione dei detenuti è stata così bella che mi ha quasi commosso (stare quattro ore a sentire una persona che spiega l’italiano in “itagnolo”, deve essere veramente una impresa… poveretti!!!!).  Alla fine della prima lezione abbiamo fatto un caffè italiano; in realtà era una prova di comprensione del testo “come preparare un buon caffè italiano”….due gruppi di detenuti che leggendo il testo dovevano seguire le istruzioni e preparare un caffè (ho portato due macchinette del caffè e il mio ultimo Kimbo da casa… gli voglio proprio bene!!!)… il primo gruppo ha decisamente vinto la competizione, mentre il secondo gruppo ha letteralmente frainteso le istruzioni (troppa acqua e caffè super pressato) e ha fatto un il peggior caffè della storia!!! La giuria (me compresa) ha fatto le sue considerazioni sul risultato (soprattutto le facce schifate con il secondo caffè!!!)… che risate!!!! Beh… magari non stanno imparando l’italiano, ma qualcuno ha imparato a fare un caffè come si deve!!!!
David, uno dei miei allievi più giovani, durante tutta la lezione sbuffa  e borbotta dicendo che do troppi compiti e che i contenuti delle lezioni sono tanti e non proprio semplici… ha il classico atteggiamento dello studente bullo svogliato  che si stravacca sulla sedia, dando ad intendere che non gliene frega niente.  Lo devo riprendere varie volte con “Daviiiiidddd!!! Daiiiii!!” “Daviiiddd!!! Svegliaaaa!!! Ti porto un caffè???”… eppure, guarda un po’,  alle domande rivolte all’intero gruppo, lui risponde sempre correttamente ed è sempre tra i primi a capire le regole della grammatica e intuisce perfettamente il significato dei termini o le declinazioni dei verbi…
Jordi, il volontario spagnolo, mi ha accompagnato un paio di volte al corso e mi dice “Che pazienza che hai Barbara! Io mi sentirei frustrato, e invece tu passi 4 ore con i detenuti dando lezione di italiano e intercalando la grammatica con battute divertenti, riflessioni sui valori, riflessioni sulla loro condizione di detenuti come se fossi una di loro, mettendoti al loro livello, ma sempre con una proposta educativa. I ragazzi escono dal tuo corso sempre con il sorriso  e il buon umore!  Non so come fai!”…in realtà quando esco dalla lezione fisicamente sono uno straccio…ma paradossalmente a livello umano ed emozionale mi sento così carica di energia che potrei scalare una montagna…
Il corso di italiano, non è solo un momento di apprendimento, ma anche e soprattutto un momento in cui i detenuti , se si concentrano in quello che fanno, si dimenticano per un momento di dove sono e trascorrono ore “diverse”, in compagnia di qualcuno che dedica loro attenzione e si relaziona con loro dandogli l’occasione di interagire in maniera nuova e fresca, di rivoluzionare la loro identità di “carcerati” e sentirsi persone, allievi, studenti, ragazzi seguiti da qualcuno che li ascolta nella loro peculiarità individuale…. E questa per me è la cosa più bella e importante del lavoro che faccio al San Pedro: dare spazio alla persona, dare possibilità di espressione alle anime chiuse fra quattro mura, poter essere un mezzo per poter risvegliare le menti di persone che hanno tanto da dire, da fare, da vivere!
Alla fine della lezione, c’è la solita processione degli studenti che vengono a salutarmi abbracciandomi, ringraziandomi, facendomi mille complimenti… Anche David si avvicina e mi dice con tono quasi accusatorio “Barbara, lo sai che io alle 16,00 dovrei già essere al corso di elettronica?” e io “E allora cosa fai qua?? Corri, che son già le 17,00!! È tardissimo!!!” e David con un sorrisone mi dice “Ma se io sono qua è per la tua presenza!! Grazie di tutto Hermana!!!” e mi abbraccia stretta stretta…mi vengono le lacrime agli occhi e mi prendo questo abbraccio in tutta la sua spontaneità e bellezza…
Il mercoledì sera, uscendo dal carcere dopo il corso con i detenuti, mi porto a casa i loro sorrisi, la loro gratitudine, il loro entusiasmo e mi sento tanto bene, “piena” di gratitudine verso la vita!
… Oggi un altro regalo inaspettato della vita: entrando in carcere  i bambini mi hanno “assalito” con abbracci a tutto spiano…sono entrata al Centro Educativo e si sono alzati quasi tutti simultaneamente in piedi e sono corsi da me, saltandomi al collo e dandomi abbracci e baci… Keila, è arrivata al centro e arrivata in cima alle scale mi è corsa incontro con il viso illuminato e mi è saltata al collo stringendomi forte e riempendomi di baci… “Ti voglio bene hermana!”… cosa si può volere di più dalla vita?? NIENTE!!! Solo tanti momenti come questo!!!
Un abbraccio a tutti voi, con tanta gioia, dalla vostra Barbara!

Natale e libertà

21/12/2017



Un altro Natale si avvicina… ho provato mille volte a trovare un’ora per scrivere quello che mi passava per la testa e dentro al cuore in queste poche settimane, ma non c’è stato verso… troppi impegni, troppe responsabilità, troppe priorità che non potevano aspettare… ora però, sento la priorità di salutare tutti voi e portarvi i miei auguri con qualche sprazzo di Bolivia!
… il cuore è pieno di tante, innumerevoli situazioni, esperienze ed emozioni che in queste poche settimane (neppure due mesi) ho vissuto e che stanno spingendo l’una con l’altra per uscire, per gridare la loro potenza, la loro importanza, la loro unicità, la loro energia… sono così grata alla vita, amici… la mia è una immensa fortuna. Fortuna di esistere,  fortuna di vivere,  fortuna di poter mettere un piccolo seme d’amore in quello che faccio.
Le ultime 3 settimane sono state veramente molto intense, piene di attività dentro e fuori dal carcere, e a coronare il tutto, il mitico campeggio estivo di tre giorni con i nostri bambini/ragazzi…
Vedere i bambini così felici, così sorridenti e scatenati, vederli ridere, giocare, gridare a squarciagola, mangiare a quattro ganasce, fare confusione nelle stanze da letto per l’emozione di essere tutti insieme fuori dal carcere, è una emozione che non ha prezzo …sentire dire da loro che il campeggio estivo del Centro Alegria, è il loro ricordo più bello dell’infanzia…e vedere che anche i ragazzi più grandi (di 16,17,18 e perfino 19 anni!) continuano a chiedere di partecipare, rende l’idea di che importanza riveste questo Centro per i bambini del San Pedro, del grande riferimento morale ed affettivo che rappresentano per loro le persone che vi lavorano…è una grande soddisfazione e una gioia immensa poter continuare a vederli crescere anche quando escono dal carcere. Davvero una emozione unica! Durante la “noche de talentos” i bambini si sono divisi in gruppi e hanno presentato dei numeri a piacere: chi recitava, chi cantava, chi ballava, chi rappava, chi suonava il flauto…..grandi e piccoli tutti insieme….liberi…..che meraviglia!
Anche Jimmy, il ragazzino che purtroppo abbiamo scoperto aver subito un abuso sessuale qualche mese fa, è venuto con noi al campeggio e per la “noche de talentos” ha presentato delle acconciature/ pettinature create da lui, visto che frequenta una scuola per parrucchieri. Che bello vederli esprimersi senza paura, senza vergogna, senza per forza voler vincere, con il desiderio di presentare il loro numero inventato e provato in meno di un’ora, condividere con gli altri i loro “talentos”…. i più piccoli che lottavano strenuamente contro il sonno, perché volevano essere all’altezza della “noche de talentos”, senza il timore di fare brutte figure…….liberi….
Tra i partecipanti non residenti in carcere c’era anche la mia Chelita e la sua sorellina Keila…che tenerezza vedere queste piccole donne crescere già consapevoli di tante cose che la maggior parte dei bambini non vivrà mai… occhi profondi, maturi, e velati di tristezza malinconica quelli di Chelita.  Occhi intelligenti e curiosi, guardinghi ma timidi, dallo sguardo tagliente ma anche tanto bisognoso di incontrare accoglimento, contenimento… bisognosi di libertà… libertà dal dolore e dalle angosce…
Nel laboratorio realizzato dalle educatrici, i bambini dovevano ritagliare delle pagine di giornale, scegliendo delle immagini per esprimere le loro emozioni in relazione al campeggio… Chelita ha scelto la figura di una anatra e ha scritto “Questo è il mio ricordo (del campeggio), le anatre volano libere. Il mio miglior ricordo è la libertà. Voglio volare libera!”…
Auguro a tutti un buon Natale! Vi auguro di volare liberi, di assaporare la vostra libertà, di capire la vostra libertà, di non sprecarla, di non dimenticarvi mai del suo inestimabile valore, di sentirvi profondamente grati e gioire per essa, di scoprirla dietro a tante piccole/grandi decisioni prese quotidianamente… e soprattutto di non tradirla mai, perché Chelita (e tanti bambini come lei, nel mondo),  ha tanto bisogno di sapere che volare si può, volare non è un dono di pochi, ma un diritto di tutti!
Buon Natale e felice libertà a tutti!
La vostra Barbara  

I miei primi 50 anni

06/08/2017




Eccomi qua,  sulla soglia dei miei 50 anni… come non riflettere su quel che è stata fino ad ora la mia vita, i passi che ho mosso su questa Terra, le emozioni che ho provato, il cammino che ho intrapreso e sul quale continuo a camminare?
Vorrei dire ai miei “prossimi 50 anni”…
 di rispettare e onorare i miei primi 50 anni, perché sono stati l’esperimento totale e assoluto, inconsapevole e ingenuo alla scoperta della vita, di me stessa e del mondo che mi circonda… perché sono stati così intensi e sfrenati che sono volati in un lampo (come tutte le cose belle ed entusiasmanti che si rispettino), ma così preziosi da rendermi oggi quella che sono, dandomi il lusso di non avere rimpianti, perché , grazie al cielo, ho avuto la fortuna di avere le forze fisiche e mentali per impegnarmi a fondo e con tutta la mia passione  in quello che ho fatto, nello studio, nel lavoro, nel volontariato, nell’impegno umano…e ho  incontrato sulla mia strada tante persone che mi hanno dato tanto amore e mi hanno insegnato tanto, tanti amici e fratelli dell’anima che mi hanno accompagnato per tragitti più o meno lunghi ma tutti importanti, e la mia sfrontatezza e follia (e la mia poca inclinazione alla formalità e alla routine), mi hanno fatto fare esperienze che mi hanno cambiata o forse, più semplicemente, hanno fatto emergere lati di me stessa che non vedevano l’ora di prendere vita…come dei semi innaffiati nel posto giusto al momento giusto….mi sento molto fortunata!
Vorrei dire ai miei "prossimi 50 anni" di non abusare delle forze, di trovare spazi e tempo per guardare i tramonti, per abbracciare le persone care, per divertirmi con leggerezza, per camminare, nuotare,  leggere, cantare, giocare con i bambini, viaggiare in posti sconosciuti, stare da sola quando ne ho voglia, ballare e fare l’amore…
Vorrei dire loro di passare il tempo con le persone che fanno stare bene ed evitare le persone che fanno stare male,  di dare un’altra possibilità a chi davvero la cerca per migliorare (e includo anche a me stessa…) e di perdonare quando ne vale veramente la pena (ma di non ostinarsi a dare l’altra guancia quando è stata colpita tanto che comincia a fare troppo male!), di non chiudere mai il cuore anche se si ha sofferto tanto, di continuare a piangere per l’emozione anche in mezzo alla gente, di non avere paura del futuro ma esserne perennemente incuriositi, di non avere paura del tempo che passa, della vecchiaia, della morte (perché “ il mondo è più tempo che storia, perché il tempo è molto più che vita” e noi siamo solo una piccola pulce nell’universo, un microscopico nanosecondo nello spazio-tempo di qualcosa di infinitamente grande….),  di avere fiducia nel fatto che il tempo è quella entità favolosa, miracolosa, che piano piano riesce a curare  le ferite ( anche se, come mi disse un giorno mio fratello Matteo, “arriva solo fino a pagina 10”…), di sentire il tempo e tutto ciò che vi passa in mezzo come humus della crescita interiore  e della trasformazione dell’ essere, di continuare a credere che esista l’anima gemella come a 15 anni (perché l’anima gemella esiste, sono io che non l’ho ancora trovata! …o chissà magari l’ho incontrata e non l’ho riconosciuta…la solita Fantozzi!!!), di darsi pace se alcune cose non vanno come si vorrebbe che andassero (perché, a differenza dell’anima gemella, la perfezione non esiste, se non nell’espressione pura della natura), di credere profondamente nei sogni ed avere come “Nord” le Utopie (perché, come dice Eduardo Galeano, è l’Utopia che ti fa camminare), di continuare a sentire che la vita è una straordinaria avventura e i giorni sono  i suoi misteriosi capitoli di cui noi siamo gli anarchici registi e sceneggiatori, di non smettere mai di inchinarsi umilmente di fronte alla natura e all’umano, di non cedere mai il passo al pregiudizio, di lottare incessantemente contro le ingiustizie e lavorare duro per un mondo migliore per tutti , di ringraziare la vita sempre e di non avere paura e non lasciarsi angosciare dalle delusioni, dagli scogli, dalle malattie e dai dolori (perché anche questi hanno una loro funzione,  e se sono lì, è per indicarci qualcosa, anche se può sembrare impossibile…), di accettare con affetto i propri difetti  (ma anche di continuare a lavorare per migliorare se stessi), di saper chiedere perdono con umiltà e consapevolezza, di accettare i cambiamenti fisici e mentali senza farne un dramma, ma di non perdere mai l’incanto e la magia della “parte bambina” dell’essere…
Proprio oggi vorrei dire ai miei prossimi 50 anni che In fondo, tutta la mia vita, fino a questo istante, è stata un viaggio alla ricerca e alla scoperta dell’amore in tutte le sue forme…
vorrei chiedere loro , umilmente, di darmi ancora la possibilità di spendere i semi dell’amore che sono dentro di me e darmi l’energia e  la forza per continuare a trovarlo, perché il senso della vita per me è semplicemente questo: Amore